Inizia il vero on the road
13 Settembre in viaggio da Las Vegas alla Monument Valley
È già arrivato il momento di lasciare la mia, anzi nostra, perché ormai ho contagiato anche Dome, amata Las Vegas. Sono le 8 e oggi ci aspetta la tappa più lunga di tutto l’on the road. 415 miglia totali, quasi 7 ore di viaggio per raggiungere Mexican Hat dove alloggeremo questa notte.
Un saluto veloce a Las Vegas
Sentiamo però che ancora ci manca qualcosa. Dobbiamo almeno vedere velocemente Luxor e Excalibur e il cartello “Welcome to Fabulous Las Vegas”. Sono solo a qualche miglio di distanza. Andiamo! Partiamo direzione sud, lungo la strip per godercela un’ultima volta.
Arrivati circa a metà strada, il degenero: alcuni lavori sulla nostra corsia ci rallentano spaventosamente, tanto che in preda alla disperazione arriviamo al Luxor dopo un’ora! Niente. Non possiamo permetterci di scendere né tantomeno di arrivare al Welcome sign, che sfortuna.
Abbiamo perso solo tempo! Ma vabbè: “Cara Las Vegas torneremo! ” E questa volta mi impunterò per restarci mooolti più giorni. Probabilmente non dovrò nemmeno insistere troppo. Credo che Dome abbia capito che doveva darmi retta in fase di preparazione itinerario e dedicargli più tempo. Ma ormai il danno è fatto!
Ci aspetta un netto cambiamento di scenario, ma ce lo dobbiamo sudare con tutti quei km. Facciamo il pieno. Il tragitto sarà per un bel pezzo monotono e deserto, quindi meglio non rischiare.
Entriamo in Arizona
Verso le 11 siamo al confine con l’Arizona. Bye Bye Nevada. Facciamo le solite foto di rito ai cartelli dei due stati confinanti e mi accorgo solo una volta partiti che i nomi sono scritti al contrario perché ho impostato la modalità specchio nell’autoscatto. Ricordino alternativo, mettiamola così!
Proseguiamo cantando a squarciagola le canzoni della playlist creata da noi per l’on the road, facciamo video con la go pro, scattiamo ancora foto. Il paesaggio non offre niente di entusiasmante, ma un paio d’ore passano bene. Scatta il fuso un’ora avanti, sono quindi già le 13 e decidiamo di fermarci.
Siamo a St. George e notiamo Culver’s lungo la strada. Non conosco questa catena, ma non possiamo perder tempo e decidiamo di provarla: classico fast food con panini e pollo fritto. Dome prende il solito “pane” con pollo e formaggio ed io 4 chicken tenders. Ah già: e un gelato.
Figuriamoci se Dome si dimentica di ordinarlo. Come possa assomigliare al gelato italiano non lo so, ma a lui basta che sia… Paga più due palline di gelato che l’intero pranzo, ma non può stare senza la sua razione giornaliera di dolciumi e anche oggi riparte soddisfatto del pranzo.
Ci rimettiamo in marcia ma dopo due secondi, vuoi per la digestione, vuoi per il percorso troppo rettilineo e monotono, Dome inizia a manifestare i primi segni di stanchezza.
Oh povera me! Non possiamo fermarci a dormire, ma io non vorrei guidare. Prima della grande botta a San Bernardino, sebbene io odi guidare e abbia paura a farlo, mi ero promessa che lo avrei fatto in questa vacanza. Ma adesso inizia a salire il panico. Auto grande, cambio automatico che non ho mai provato, strada enorme: uffa, dove è il teletrasporto?!?
Dome sta per crollare, tocca farmi forza. Guido io per un’oretta mentre lui beato se la dorme. Sto imbronciata e impaurita tutto il tempo ma me la cavo bene. Fortunatamente in quel tratto di strada il traffico non esiste e scopro che col cambio automatico si guida davvero molto meglio. La prima volta che l’avevo provata, anni fa in Georgia, avevo fatto 1 km a singhiozzi e avevo chiuso per sempre il capitolo guida in Usa.
Grazie Dome dormiglione che questa volta mi hai fatto provare l’ebbrezza di guidare i miei primi 50 km in terra americana!!!
Da Las Vegas alla Monument Valley: una sosta intermedia a Page, sulle rive del Lake Powell
All’improvviso appare di fronte a me il Lake Powell, più precisamente Lone Rock un imponente massiccio di roccia rossa, solitario in mezzo al lago. “ Dome, svegliati che siamo arrivati. Guarda che bello!” parole al vento. Apre gli occhi solo quando ormai l’abbiamo già passata , dato che io non avevo la minima idea di come fare ad accostarmi lungo la strada. Ci diamo finalmente il cambio, facciamo benzina e svoltiamo poi per Wahweap point dal quale si gode di una bellissima vista sul blu intenso del lago.
Scoprite di più sul Lake Powell cliccando qui.
Scendiamo fino alla zona della Marina e ci facciamo una passeggiata di una decina di minuti fino alle sponde del lago. Un caldo e un sole cocenti. Ma non desistiamo. Vogliamo poter dire di aver fatto un mini bagnetto anche lì.
Delusione. L’acqua è nera, non è più di quel bellissimo blu acceso che si vedeva dall’alto. In molti fanno il bagno. Noi preferiamo metterci solo i piedi, anche perché a dispetto della temperatura esterna, non è così calda.
Passiamo una piacevole mezz’ora, poi ci spostiamo nuovamente in un altro view point, più vicino alla diga. Sarebbe il momento migliore per andare all’Horseshoe Bend ed osservare il tramonto, ma Dome si è giocato il jolly fatica con la camminata di poco fa e usa la scusa che siamo in ritardo per non andarci. Io l’ho già visto due volte. Posso farne a meno. Ma sono convinta che si è perso qualcosa di veramente meraviglioso.
Scoprite di più sull’Horseshoe Bend cliccando qui.
Ripartiamo verso la Monument. A questo punto speriamo di vedere il tramonto lì. Con il piede fisso sull’acceleratore vediamo calare velocemente nel navigatore i km che ci separano dai grandi massi rossi. Il sole sta ormai tramontando. Iniziamo a scorgere qualcosa all’orizzonte. Ma non è la vera Monument Valley. Prima di arrivarci infatti si vedono altre rocce molto simili, ma quelle che cerchiamo noi le raggiungiamo solo quando ormai è buio. E niente ci rifaremo domani mattina all’alba.
Mexican Hat Lodge and Swinging Steak
Adesso c’è un’ultima sorpresa che attende Dome prima della fine della giornata. Ho prenotato la camera al Mexican Hat Lodge, a Mexican Hat, una ventina di miglia a nord della Monument, sia perché l’alloggio era molto più economico, sia perché essendoci già stata, so che gli farò provare una delle cene migliori della vacanza.
Sì, perché questo motel scalcinato in mezzo al nulla e alle rocce che si calano sul San Juan River, oltre ad avere camere molto carine, ha anche un ottimo ristorante: lo Swingin Steak.
Qui servono vari tagli di carne cotti rigorosamente su una griglia fatta dondolare sulla brace, in un’atmosfera surreale, stile western, con tavoli all’aperto, lucine di natale, e il cuoco vestito in stile cowboy. Non prendiamo nemmeno le valigie. Portiamo in camera solo un cambio tanto la mattina dobbiamo svegliarci per forza prima dell’alba.
Ci fiondiamo al ristorante, dove per fortuna c’è ancora un tavolo rimasto per noi. La disponibilità di carne è molto ridotta, son già finite le costolette e il sirloin ma in effetti è quasi ora di chiusura. Optiamo comunque per l’hamburger, che è il più economico e l’unico che ci possiamo permettere, noi poveri squattrinati.
Questa sera il servizio è molto lento , la cameriera arriva dopo un bel po’ e quando Dome chiede di non avere nel suo piatto né fagioli né insalata e soprattutto il pane grigliato senza aglio, questa arrostisce lui con gli occhi… Poverina sarà stanca della serata, ma gli abbiamo anche fatto un bel favore, togliendo più di metà ingredienti dal piatto.
Aspettiamo quasi un’ora, c’è chi è arrivato dopo di noi e già mangia e chi è piuttosto spazientito. Dome dormicchia disperato e affamato sulla sedia. Ma possibile che tutte le volte a cena ci sia sempre qualcosa che ci disturba?!? Il locale si svuota e finalmente tocca a noi.
Il piatto di Dome sembra un po’ misero senza il contorno, il mio è da leccarsi i baffi. Hamburger ben cotto con fagioli, insalata e pane arrostito. Dome ruba subito anche la mia fetta. Con la fame che ha non si ricorda nemmeno che c’è l’aglio… A questo punto capisce che ne è valsa tutta l’attesa.
Il pasto è delizioso. La carne è davvero ottima. Spazzoliamo tutto in pochi minuti, sazi e soddisfatti. Ma indovinate un po’ cosa manca?!? Il gelato. Figuriamoci se il “bimbo” non chiede alla povera cameriera anche un gelato. Gli dice che c’è solo confezionato panna e cioccolato. E’ in estasi. A lui va benissimo. Paghiamo il conto e lo portiamo in camera. Tempo di mangiarlo e crolliamo. Oggettivamente questa lunga tappa è stata un po’ impegnativa, ma credeteci ne è valsa veramente la pena.