27 settembre
E siamo già al penultimo giorno di questo meraviglioso viaggio, dobbiamo lasciare la Silicon Valley e la nostra fantastica casetta. Tre notti passate qui e già ci stavamo abituando. Ma è tempo di scoprire San Francisco, almeno per Dome, dato che questa è la mia terza volta che le faccio visita.
Non c’è tempo per la malinconia, dobbiamo goderci il più possibile i nostri ultimi due giorni in terra americana…
Iniziamo con una visita a YouTube Hq
Dobbiamo fare però un’altra sosta nel mondo della tecnologia: il quartier generale di YouTube a San Bruno, a metà strada.
Ci troviamo di fronte al palazzo tristemente noto per la sparatoria avvenuta qualche mese prima, ma Dome non è soddisfatto. Si aspettava di vedere la mega scritta rossa e le vetrate, viste da qualche parte cercando su Google. Ma di qualcosa di simile neanche l’ombra.
Come sempre tocca a me: mi avvicino a un ragazzo della security all’ingresso per chiedere info e come sempre temo che ci caccino in malo modo.
Ma anche stavolta ce la caviamo, anche se riusciamo solo a scoprire che le scritte YouTube non sono più rosse perché si sono stinte e il palazzo a vetrata non è lì. Proviamo a cercare più info su internet, ma si sta facendo davvero tardi, lasciamo allora tutta questa tecnologia alle nostre spalle e via verso San Francisco.
Ad accoglierci a San Francisco: il traffico!
Sono solo 13 miglia, il navigatore dà solo 17 minuti di tempo di percorrenza, ma per sicurezza guardo anche Google Maps sul cellulare, che è aggiornato col traffico in tempo reale. Mi prende un colpo: 13 miglia in un’ora!!!
Ed è proprio così: non appena entriamo in città, riusciamo appena a goderci il bellissimo skyline, che ci accoglie un traffico spaventoso. Ci muoviamo a passo d’uomo…magari!!! Andiamo ancora più lenti.
C’è una manifestazione proprio oggi che comporta la chiusura di alcune strade e tanti come noi si ritrovano a sorbirsi semafori su semafori e auto che sbucano da tutte le parti. In più ci sono anche dei lavori in corso. Mai più a San Francisco con l’auto!!!
Riusciamo ad arrivare al Fisherman’s Wharf che son ormai le 10,30, non perdiamo tempo a cercare il parcheggio più economico, ormai siamo in super ritardo anche per l’Early Bird.
Lasciamo l’auto lungo la strada nella traversa sopra il famoso cartello rotondo che indica l’inizio del molo dei pescatori, 13 $ per 4 ore perché fortunatamente fino alle 12 costa solo 0,75 cent, poi quasi 5$ l’ora.
Prima tappa: il Pier 39
Dome si dirige verso il molo ed inizia ad ammirare l’oceano. Ancora c’è molta nebbia e del Golden Gate Bridge neanche l’ombra…il classico simbolo della città è il “giochino” più ambito della giornata, anzi dell’intera visita di Dome, che sconsolato accetta di seguirmi al Pier 39.
Nel frattempo fotografiamo anche Alcatraz, che volutamente abbiamo scelto di non fare. In due giorni scarsi, non potevamo impegnarci mezza giornata, per di più dovendo rigorosamente prenotare da casa in anticipo. Io l’ho già vista e Dome avrà un’ottima scusa per tornarci.
Arrivati al Pier 39 inizia la caccia ai souvenir e subito dopo ai leoni marini “sbracati” al sole sulle zattere di legno ancorate al molo. Povero Dome. Il suo arrivo in città non sta fruttando come sperava!!!
Si consola ben presto con dei chicken mc nuggets, mentre io mi gusto il mio amato clam chowder. Lui non lo prende perché si accorge che la versione di San Francisco ha molte più verdure di quelle che abbiamo provato a Santa Catalina e Monterey, ma ovviamente se ne pente perché è delizioso.
Direzione: Ghirardelli Square
Decidiamo di passeggiare fino a Ghirardelli Square. Dopo 6 anni, trovo la città molto cambiata. I negozi son stati risistemati con facciate meno caotiche, anche se lo squallore dei barboni che la popolano non manca: mentre passeggiamo, un individuo si tira giù i pantaloni, lato strada e si mette a fare pipì.
Dome rimane scioccato, un po’ come me la prima volta. Io rido. San Francisco è anche questo.
Arriviamo finalmente all’ingresso del San Francisco Maritime National Historical Park. Tappa obbligatoria: l’oceano. Ebbene sì, dobbiamo riempire l’ultima boccetta con l’acqua di San Francisco e prendere la sabbia.
Il compito più duro tocca me: Dome ha i jeans e non può arrotolarseli fino al ginocchio per entrare in acqua quindi manda me in missione. Mi preparo al congelamento. Ho freddo con felpa e piumino, chissà come andrà ai miei poveri piedi.
La mia prima volta con i piedi a bagno nell’oceano di San Francisco
Sorpresa sorpresa: l’acqua è calda, non ci farei il bagno, ma il primo impatto è stato molto più piacevole delle volte precedenti…evvivaaaa . Io ho messo i piedi nell’oceano di San Francisco e Dome no!
Ci mettiamo nelle scalinate a goderci la vista mentre aspetto che mi si asciughino i piedi poi ripartiamo verso Ghirardelli dove voglio fare provare un gelato da 10mila calorie a Dome.
Attraversiamo il prato qui di fronte dove sono sdraiati alcuni senzatetto.
E figuriamoci se Dome non vuole fare lo stesso! Cerco di farlo desistere raccontandogli di quando feci la stessa cosa al Planetarium di Chicago e mi rialzai con la gonna che da bianca era diventata totalmente marrone! Grazie gabbiani!
Faccio appena in tempo a dirgli: “Ti ricordi i gabbiani di Chicago?!?” Che lui nemmeno mi ascolta e si sdraia sull’erba. Bah… gli faccio delle bellissime foto circondato dal verde, con sfondo l’insegna di Ghirardelli e poi l’oceano.
E così accadde il fattaccio…
Quando si rialza rido…ma tanto!!! E lo infamo anche. Il bello è che lui mi dice semplicemente :
“Guardami i pantaloni, che mi sento un po’ bagnato”
Bagnato?!? Solo?!? I pantaloni sono tutti sporchi di escrementi di gabbiano. Lui capisce e mi dice :
“Ma io avevo capito che ci poteva esser cacca di cane ed ho guardato bene!!! “
Me Santa subito!!! Non abbiamo altri cambi dietro con noi, così ora gli tocca andare in giro tutto sporco. Menomale che i jeans sono scuri e ha il piumino un po’ lungo, così riesce a nascondere tutto discretamente bene.
Questa cosa lo ha un po’ abbattuto, ma fortunatamente siamo arrivati alla gelateria, così si consola con tre enormi palle di gelato e io con una deliziosa hot chocolate alla zucca. Chiedo se è di suo gradimento e, anche se continua a preferire quello fatto in Italia, si dice comunque soddisfatto.
Il Golden Gate Bridge si farà vedere?
Decidiamo di spostarci un po’ più verso il Golden Gate Bridge: sarebbe bello arrivarci a piedi, considerando che non è nemmeno lontano, ma dobbiamo comunque tornare a pagare il parcheggio, perciò prendiamo l’auto. Anche questa mattina abbiamo già fatto un bel po’ di passi.
Arriviamo al Palace of Fine Arts all’inizio della zona del Presidio e passeggiamo piacevolmente lungo il laghetto e in mezzo alle colonne e ai vialetti di questa maestosa struttura rotonda. Il tempo vola ed è già passata un’ora. Qui accanto c’è anche il Crissy Field, un punto di avvistamento per il Golden Gate Bridge, molto bello in condizioni di tempo ottimali.
Andiamo poi anche al Golden Gate Visitor Center dove mi riscaldo con un mega caffè americano e al Golden Gate Overlook, ma la vista è sempre deludente. Questa maledetta nebbia non vuole proprio andarsene mentre come quasi a beffarsi di noi, sulla Coit Tower e su tutta la città dalla parte opposta alla nostra, splende un bel sole.

Un salto in spiaggia: Baker Beach
Iniziamo ad accusare il freddo ed il vento ma ormai vogliamo goderci le ultime ore di luce e non possiamo non fare tappa in almeno una delle spiagge ad ovest del ponte. Scegliamo Baker Beach, qualche passo sulla sabbia e il Golden Gate Bridge appare di fronte a noi all’orizzonte. Sarebbe bello camminare fino a laggiù, ma il vento e il freddo ci fanno desistere.
Un salto veloce anche al Golden Gate Park
Siamo vicini al Golden Gate Park, decidiamo di attraversarlo in macchina e ci fermiamo nei pressi della California Academy of Science, ma ormai il freddo ci è entrato dentro e non abbiamo le forze per una visita.
Dobbiamo rinunciare anche al Japanese Tea Garden , che a me piace tanto e al giardino botanico.
Ci accontentiamo di attraversare il parco in auto, del resto io l’ho già visto in lungo e in largo e Dome non è così interessato.
Haight Ashbury: l’anima Hippie di San Francisco
Visto che ci siamo, passiamo sulla Haight Ashbury che è proprio all’uscita del parco. Abbiamo modo di vedere già dall’auto lo stile eclettico, colorato e hippie della zona, facciamo venti giri dell’isolato con la speranza di trovare un parcheggio vicino e finalmente si libera uno spazio.
Accostiamo, scendiamo, facciamo due selfie congelando sempre più, risaliamo in auto e stop.
Basta! Per questa giornata siamo anche troppo cotti. Il freddo e il vento ci hanno devastato, non vogliamo esser ko l’ultimo giorno.
Pit stop veloce alle Painted Ladies
En passant imposto il navigatore per le Painted Ladies, ma li ahimè non c’è nemmeno un buco per sostare.
Dome le vede da lontano e dice di esser soddisfatto, io un selfie me lo faccio, ma proprio al volo. Peccato perché è davvero una location carina, ma i nostri fisici sono distrutti e vogliamo solo mangiare.
Arrivo in Motel a Redwood City
Alloggiamo a Redwood City, un po’ distante, ma d’altronde i prezzi a San Francisco sarebbero stati eccessivi considerando che abbiamo anche l’auto e i parcheggi son molto salati. Io ero già stata al Good Nite Inn nel 2012, e a parte un calzino dietro la porta, mi ero trovata bene, così abbiamo scelto quello. (Leggete la recensione qui)
E per cena andiamo all’Ihop lì accanto, che è convenzionato con il motel ed offre un 10% di sconto.
Il cameriere è molto gentile e in pochi secondi riesce a prendere la nostra ordinazione e a portarci da mangiare, nonostante il locale praticamente pieno. Perfetto per degli affamati come noi.
Faccio notare a Dome che qui si può fare una vera colazione americana, gustando deliziose leccornie; lui guarda con attenzione il menu, e con un gran sorriso di approvazione si dice perfettamente d’accordo.
Allora deciso!!! Domani mattina per il nostro ultimo giorno negli States, torneremo qui. Felici e saziati, paghiamo il conto e ci dirigiamo verso la nostra camera pronti per riposare e ricaricare le pile.
Siamo cotti, tocchiamo il letto e buonanotte!!!
Si, magari!!!
Per finire in bellezza la nostra vacanza, veniamo svegliati intorno all’1.30 da un rumore assordante di una sirena e da un lampeggiante accecante. Io balzo sul letto e mi vesto, capisco già, per esperienza di cosa si tratta. Dome invece brancola nel buio, lo vedo avvicinarsi al termostato e trafficare nel muro. Mah…
Apro la porta, controllo la situazione, tutti stanno uscendo dalle camere. Prendo cellulare, borsa con i documenti e Dome è ancora lì. A trafficare col termostato.
“Pensavo fosse la sveglia”
Non so come descrivere la mia reazione, che sto avendo anche adesso mentre scrivo. Mi metto a ridere. Gli do dell’idiota. Gli lancio gli abiti e nel mentre prendo anche il suo cellulare e i documenti e usciamo fuori.
Siamo nel cortile ed è pieno di persone: tutti come noi con i capelli arruffati, vestiti a caso e curiosi di sapere che cosa stia accadendo. L’addetta al desk con molta calma ci invita ad aspettare. Qualcuno dice una fuga di gas, altri che un simpaticone ha fumato in camera facendo scattare gli allarmi ( preciso l’unico motel dove funzionano!!!)
Come nei telefilm arrivano i pompieri al nostro motel
Arrivano i vigli del fuoco, come nelle scene del mio adorato telefilm Chicago Fire (vi racconto qui quando li ho incontrati), si vestono, prendono i loro strumenti e si sparpagliano per le camere del Motel. Ma siamo sicuri di non stare sognando?!? Che roba. Ho sonno e freddo, voglio dormireeeee.
Dopo una mezz’ora tutto risolto. Falso allarme o comunque niente di grave, non ci ho capito nulla. Ma voglio solo dormire. Rivedremo un letto fra due giorni. Fatemi andare in camera.
Finalmente ci danno l’ok e questa volta possiamo veramente riposare. San Francisco ci attende domani per la nostra ultima visita. E chissà che magari ci sia anche un bel sole a salutarci.