28 settembre
Suona la sveglia…o forse è l’allarme?!?
Siamo sfiniti, la voglia di goderci l’ultimo giorno a San Francisco si accompagna alla tristezza che questo è l’ultimo risveglio in California… o meglio in un letto dalla California. Ma anche la nottata passata quasi in bianco si fa sentire.
Assaporiamo ancora un po’ il calore di queste morbide coperte di questo letto king che tanto ci mancherà; sono ormai le 9, manca un’ora al check out. Devo sistemare tutte le valigie, dividere i souvenir in quelli che posso e non posso portare nel bagaglio a mano.
Dome decide di aiutarmi… sì…a modo suo! Lo trovo sommerso di acqua e schiuma nella enorme vasca da bagno, l’unica seria e pulita davvero da potercisi crogiolare…e io devo fare le valigie!
Faccio tre quattro viaggi per caricare la macchina e Dome è sempre lì…piango…ovviamente mi fa fare anche il check out in ritardo, ma chiudono un’occhio dato il disguido della notte precedente.
Torniamo all’ Ihop accanto al motel per la colazione: io mi godo l’ultimo delizioso pancake al cheesecake di fragole e Dome invece prende uova, bacon e hashbrowns del mio menu combo. Con nemmeno 15$, ci mangiamo abbondantemente in due tanto le porzioni son grandi. Alle 11 partiamo.
Prima tappa: Twin Peaks
Decidiamo di mettere Twin Peaks come prima tappa di questo nostro ultimo giorno a San Francisco. Essendo più ad ovest, evitiamo il traffico immenso del giorno prima e arriviamo in questo punto panoramico fantastico.
Una strada tortuosa sulle colline di San Francisco. Un quartiere molto carino con casette tutte uguali, ci porta fino ad una bellissima visuale sullo skyline della città. Che spettacolo dominare il tutto così dall’alto. Per di più oggi c’è un bel sole ed il Golden Gate si vede in tutto il suo rosso splendente.
Il Golden Gate Bridge
Torniamo nei vari luoghi di avvistamento fatti il giorno precedente per altri cento scatti con sullo sfondo il ponte. Vogliamo avvicinarci sempre più e all’improvviso ci troviamo proprio all’ingresso…
“Oh cavolo dove si torna indietro?!?” Niente da fare tocca attraversarlo… Maledetto navigatore che ci ha fatto sbagliare ancora! Non mi sono informata sul pagamento del pedaggio, non sono sicura venga calcolato automaticamente con la targa… ma ormai siamo qui.
Il traffico scorre veloce e non faccio nemmeno in tempo ad accendere la go pro e attivare la fotocamera del cellulare, che già le stringhe rosse d’acciaio scorrono veloci sopra di noi.
Ci fermiamo al primo overlook, Dome sparisce per fare le solite mille foto e mi lascia da sola con la macchina aperta e senza chiavi.
Ci sono numerosi cartelli che indicano di stare attenti ai furti e ho letto di molti turisti che si son visti forzare l’auto e sparire tutti i bagagli…quindi : grazie Dome, io farò la guardia alla macchina!!! Dopo venti minuti riappare e riesco a farmi un paio di foto pure io, anche se preferisco la vista che se ne gode da San Francisco.
Sarebbe bello arrivare a Sausalito, ma dobbiamo per forza tornare al Fishermans wharf perché dobbiamo fare i regali a tutti!!! Ahi noi che ci siamo lasciati questo “compito” proprio alla fine!
Durante il tragitto passiamo di fronte ad una chiesa esternamente appariscente. Non la conosco. Non sono un’amante di questo tipo di attrazioni. Dome invece vorrebbe entrare, come in tutte quelle che abbiamo trovato lungo il percorso. Parcheggiamo qui vicino e scopriamo che è la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo al 666 di Filbert street .
SS.Peter and Paul Church e Washington Sq Park
Una maestosa facciata con due torri si staglia contro il cielo azzurro e mi colpisce la scritta all’ingresso. Non capisco subito, ma c’è qualcosa che non mi torna… Ecco perchè: è in italiano! Eh sì, è la prima terzina del Paradiso di Dante :“La Gloria di Colui che tutto muove per l’Universo penetra e risplende” . Mi mancava Dante!!!
>Leggi qui l’articolo completo su SS Peters and Paul Church
Entro per qualche scatto veloce ma non mi soffermo, lascio Dome fare le sue cose e aspetto fuori, all’ingresso di Washington Square Park, ascoltando in disparte una guida turistica che accompagna un gruppetto di cinesi.
Quando Dome esce ci addentriamo nel parco fino alla statua di Benjamin Franklin dove un ragazzo si sta allenando in qualche strana disciplina orientale. Un altro cinese fa yoga e un cane corre contento dietro alla sua palla… che pace, ti invoglia a rimanere qui e rilassarti, ma questo non è possibile oggi.
>Leggi qui l’articolo completo su Washington Square Park
Ci aspetta ancora molto da vedere, non abbiamo nemmeno pranzato e son le 3 di pomeriggio. Menomale che la colazione all’Ihop ci ha sistemati ben bene. Imposto il navigatore per una destinazione che inizialmente non dico a Dome.
Iniziamo a salire per una stradina a “90%” di pendenza, che mi sento male alla sola idea di un ipotetico stop in salita: ma vabbè qui c’è il cambio automatico e soprattutto non guido io!!! Arriviamo in cima e subito Dome capisce dove lo ho portato, Lombard Street e ora inizia ad agitarsi.
Lombard Street
Con tutti i mille video che ha visto su YouTube è convinto che sia una strada caotica e da fare molto lentamente. Un ausiliario del traffico scandisce il passaggio delle auto, che in verità non sono molte oggi e piano piano ci addentriamo in questa famosissima stradina tortuosa circondata da palazzine e fiori. È bellissimo passarci dentro, anche se il giretto è sorprendentemente breve.
In men che non si dica ci troviamo alla fine della strada e non abbiamo avuto ancora modo di fare le foto e i video del caso.
Cerchiamo quindi un posto dove fermarci e scendere un secondo, ma è strapieno di auto e turisti che fotografano anche in mezzo alla strada, non curanti del traffico, dei semafori rossi e dei clacson. E cosa più importante.. non c’è la minima possibilità di trovare un parcheggio libero. Troppo caos, rischiamo di rimanere intrappolati qui alla ricerca di un parcheggio per tanto-troppo tempo e purtroppo non ce lo possiamo permettere.
Unica decisione? A malincuore salutiamo la Lombard e la sua particolare bellezza e continuiamo il nostro tour.
Una discesa ripidissima ci aspetta ed io quasi svengo e minaccio Dome che invece è già partito in stile montagne russe, di andare piano o scendo subito.
Fisherman’s Wharf
Arriviamo finalmente al Fisherman’s Wharfs e parcheggiamo nel solito posto, ormai siamo affezionati: 2 ore 8 dollari. Per prima cosa: pranzo. Io non ho voglia di perder tempo a cercare ispirazione e mi prendo il solito clam chowder, anche perché con ogni probabilità sarà l’ultimo della vacanza.
Decido però di prenderlo ad un chiosco diverso da quello di ieri, per valutarne le eventuali differenze. Dome invece, torna nel solito locale, perché ancora rimpiange di essersi perso quel panino col pollo grigliato e torna con aria soddisfatta.
Peccato però che stavolta la mia zuppa è mooolto più gustosa del suo semplice sandwich . Il bello è che poi mentre se ne va al bagno, mi lascia in custodia di metà pranzo, dicendomi di controllarlo.
Io però mi distraggo un attimo col cellulare e ops: un piccione atterra sul tavolo e se ne porta via un pezzo! Ahahah…. PANICO.
Dome torna e vedo un misto di disperazione e incredulità nei suoi occhi … il suo pasto ha preso letteralmente il volo. Fortuna che oggi non è molto affamato, grazie alla lauta colazione del mattino e quanto mangiato gli è più che sufficiente. Scampato pericolo!!! Archiviata la pratica pranzo, non rimane che l’ultima incombenza da sbrigare.
Andiamo di fretta a comprare i millemila regalini. Questa volta siamo veramente bravi e fortunati: riusciamo a trovare un ricordino per tutti, ma a questo punto abbiamo un nuovo e increscioso problema: dove li mettiamo che le valigie sono già strapiene?!? Mai lasciare i regali all’ultimo giorno!!! Vabbè pace troveremo un modo.
Continua nel prossimo articolo per il finale di questa meravigliosa esperienza….