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La fioritura di Castelluccio di Norcia : quando l’uomo e la natura mostrano il meglio e il peggio di sé

Infinite distese di fiorellini dai mille colori, che per circa 2 mesi animano i campi della piana di Castelluccio di Norcia: la fioritura, un appuntamento annuale imperdibile per molti ormai.

Timidi fiori di lenticchia che si nascondono tra l’azzurro dei fiordalisi, il rosso dei papaveri, margherite e poi ancora genzianelle, narcisi, violette, ranuncoli, asfodeli, viola Eugeniae, trifogli, acetoselle…trasformano i semplici pascoli in un quadro impressionista.

Uno spettacolo per gli occhi un toccasana per il cuore e la mente, ma… c’è un ma. O forse più di uno.
L’entusiasmo e la gioia di essere finalmente lì per la prima volta, a godere di uno spettacolo inimitabile, non ci ha fatti rimanere impassibili di fronte ai segni ancora evidenti del terremoto e dell’incuria e inciviltà dell’uomo.

Arriviamo a Castelluccio da Visso, ma ancor prima di raggiungere il paese ne vediamo molti altri che scuotono il nostro animo spensierato.

I segni del terremoto sono ancora troppo visibili

Case divise in due, tenute in piedi da strutture in legno o legate da tiranti in ferro, macerie che si mescolano a qualche casa rimasta integra e a tanti container trasformati in farmacia, bar tabacchi, negozi, ma soprattutto abitazioni, tutte uguali, tutte in serie, tutte attaccate, senza un minimo di privacy.

E poi percorriamo la provinciale 136 “Pian perduto” tra Castelsantangelo sul Nera e le cime più alte dei Sibillini. Iniziamo a salire tra vette e dirupi dove domina solo il verde degli alberi e degli immensi prati, un percorso a dir poco rigenerante se non fosse per la desolazione appena vista.

Panorama lungo la provinciale 136 Pian Perduto per raggiungere Castelluccio di Norcia e la fioritura
Panorama lungo la provinciale 136 Pian Perduto per raggiungere Castelluccio di Norcia e la fioritura

Un unico semaforo, ma sempre di troppo, per lavori ancora non ultimati, che ci permette però di fare qualche scatto del paesaggio incredibile in cui ci troviamo, qualche curva e finalmente si iniziano ad intravedere le prime distese colorate.

L’arrivo alla Piana di Castelluccio: si intravede la fioritura

Per fortuna non c’è caos, abbiamo scelto un giorno durante la settimana proprio per non alimentare il degenero di cui tanto abbiamo sentito parlare nei weekend precedenti, quelli in cui probabilmente la fioritura è stata al top.

Il colore dominante è il celeste dei fiordalisi, con qualche schizzo qua e là di rosso che si scontra con il verde delle montagne circostanti e il cielo azzurro.

In lontananza Castelluccio e piano piano che ci avviciniamo l’entusiasmo si affievolisce di nuovo: tanti stand e furgoncini all’aperto, nella minuscola piazzola, un paio di case e poi i ruderi e ancora i tiranti e i supporti in legno. In cima ad una salitella un grazioso locale di prodotti tipici e poi le recinzioni e la distruzione.

Un colpo al cuore, un immenso dispiacere vedere a distanza di anni ancora tracce così evidenti dei danni provocati dal terremoto.
Un piccolo contributo, acquistando prodotti locali, lenticchie in primis, è importante per loro, ma non è certo il nostro intervento che stanno aspettando, anzi.

Teniamo sempre ben a mente che anche quando lo visitiamo durante il periodo della fioritura la nostra invasione di massa non porta solo giovamenti.

La forza distruttiva dell’uomo: rispettiamo le coltivazioni senza calpestarle

E ce ne accorgiamo quando vediamo che i campi della piana sottostante sono invasi da qualcuno che, nonostante i sentieri battuti e qualche giaciglio creato appositamente per immergersi tra i fiori, si inoltra in quel mare colorato pesticciando ovunque.

Ed è così che ci rendiamo conto dell’ennesimo contrasto tra l’impegno dell’uomo nel creare quella meraviglia e la noncuranza degli altri che in pochi passi distruggono un lavoro tanto faticoso e prezioso.

Tutti quei fiorellini spontanei che crescono insieme alle lenticchie, quasi invisibili, possono riprodursi selvaggiamente perché nn vengono utilizzati diserbanti, ma c’è sempre qualcuno che vanifica ogni sforzo.

La forza distruttiva della natura: i segni del terremoto

E insieme a questa fioritura spontanea anche l’altro volto della natura, la sua forza distruttiva, della quale però già le avvisaglie erano state evidenti anche prima del colpo finale.

La fioritura di Castelluccio è così un mix di sensazioni contrastanti, stupore piacevole e malinconico, incanto e rabbia.

Non è solo un luogo instagrammabile, parolona che va tanto di moda ultimamente, è un luogo che ancora soffre e che andrebbe mostrato anche per quello che è realmente.

Oltre all’invasione dei campi per la bellissima fioritura, Castelluccio di Norcia, sarebbe il caso che venisse invasa per opere concrete di aiuto.

Non credo abbia bisogno di trovarsi ogni giorno faccia a faccia con quel tragico evento che l’ha ridotta a macerie.

Potrebbe forse voler rifiorire, come quei campi che ogni anno mostrano il loro splendore, nonostante le temperature e il clima avverso, facendosi belli per noi. E perché quel paese non ha lo stesso diritto?

In questo articolo non voglio approfondire l’argomento colpe o responsabilità. Voglio solamente far capire che Castelluccio non è solo “Evviva evviva, ho fatto la foto figa”, cosa che ammetto di aver fatto anche io, perché quello spettacolo è ammaliante e merita sicuramente di esser immortalato, ma qui c’è molto di più da raccontare…

E quello che vediamo ancora oggi deve esser raccontato, costantemente, finché qualcuno non farà qualcosa.

Perchè?

Perché come è possibile che ancora oggi interi paesi vengano lasciati in quelle condizioni? E che molti ancora aspettino gli aiuti essenziali per riprendere a vivere dignitosamente?

E che le persone debbano svegliarsi ogni mattina e rivivere la sofferenza di quel terribile evento? Vedendo ancora sventolare un foulard tra le macerie o il mobiletto che utilizzavano per riporre i medicinali nel bagno, in bella vista, in quella facciata completamente sventrata?

E la stessa cosa accade anche a Visso o ad Amatrice (dove siamo stati un anno fa), o a Norcia o Arquata del Tronto, dove siamo passati per rientrare a casa. Scenari da brividi, sembra ancora di sentire il boato e la disperazione di quegli istanti maledetti. E noi nemmeno l’abbiamo vissuto in prima persona…

Castelluccio di Norcia, come una ghost town americana

Per un attimo abbiamo creduto di esser in una prateria sconfinata americana, dove siamo soliti cercare le ghost town che ci piacciono tanto.

Peccato che qui non ci siano i segni del tempo e dei secoli passati, ma di un istante che ha sconvolto tutto, di lenzuola che ancora svolazzano tra le macerie e di armadi chiaramente visibili in quell’appartamento diviso in due.

Non neghiamo che la piazza principale di Castelluccio ci ha riportato ad Oatman.

Le casette in legno e gli stand dei produttori di Castelluccio, come i saloon e i negozi di souvenir ricavati da baracche in legno a Oatman.

Qualche cane che gironzola liberamente a Castelluccio, così come gli asinelli di Oatman e tanti turisti curiosi e stupiti.

Nel primo caso stupiti però dalla rovina, nel secondo dalla rinascita.

Entrambi i paesini sono isolati dal resto del mondo, nascosti tra passi di montagna e paesaggi tanto diversi quanto ugualmente spettacolari.

L’uno che ancora soffre, l’altro che è diventato attrazione turistica in grado di accogliere con ogni confort i visitatori e soprattutto i suoi pochi abitanti.

La fioritura di Castelluccio di Norcia fa anche riflettere, e fa male

Saranno certamente realtà diverse, problemi diversi, dinamiche diverse. Potrete pensare che non sia nemmeno un paragone adatto.

Questo però è ciò che di getto ci ha suscitato la visita di Castelluccio. Non siamo riusciti, non possiamo e non vogliamo descriverla solo rose e fiori, o meglio papaveri e fiordalisi, come ultimamente troviamo scritto un po’ ovunque.

Castelluccio di Norcia con la sua fioritura, negli ultimi anni, è diventato un luogo infausto dove il meglio e il peggio della natura e dell’uomo, si incontrano offrendo sensazioni opposte e forti. Dove la forza creativa e distruttiva convivono creando un forte contrasto visivo ed emozionale.

E fa male. Ed è inconcepibile.

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3 risposte su “La fioritura di Castelluccio di Norcia : quando l’uomo e la natura mostrano il meglio e il peggio di sé”

Il discorso è lungo e difficile da affrontare e sai come la penso a riguardo, purtroppo certe zone sismiche andrebbero abbandonate se non si vuole convivere con la forza della natura, benefica e distruttiva allo stesso tempo. Ferite aperte ancora a causa di quel tragico terremoto e lavori che ancora tardano ad essere ultimati. Rabbia anche per chi non rispetta il percorso per fare fotografie, lì si vede proprio il peggio del peggio.

Si si sono d’accordo con te, che senza dubbio ne sai molto più di me sull’argomento. Avrei voluto sfruttare la nostra conversazione per un approfondimento in questo articolo, perché condivido il tuo pensiero di abbandonare certe zone, però ho preferito lasciare solo uno spunto per riflettere, basandomi sulle mie impressioni a caldo. Almeno per il momento…

Il discorso è sicuramente lungo e molto difficile da affrontare, ma a mio parere la sua risposta/proposta sull’abbandonare certe zone mi sembra davvero semplicistica. (Facile individuare soluzioni quando non si è coinvolti in prima persona.) Mi limito solo a farle una domanda: Se lei fosse nata ed avesse vissuto a Norcia, dove negli anni ha costruito casa, messo su famiglia, cresciuto figli, avviato un’attività e all’improvviso si fosse ritrovata senza nulla, sarebbe stata disposta ad abbandonare quei luoghi e a ricostruire tutto altrove? ma soprattutto con quali forze? Se a distanza di 5 anni nulla è cambiato nei luoghi dove tutto è iniziato, lei crede davvero che nella “transumanza”, (anche se non siamo animali, mi lasci passare il termine, perché alla fine trattati allo stesso modo) avrebbe trovato altre opportunità di ricostruire?

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