Stai pensando di tuffarti nel vuoto col paracadute e ti stai chiedendo come sarà il tuo primo lancio?
Mentre riguardo sempre più emozionata il video del mio primo lancio in tandem di due giorni fa, provo a raccontarti tutte le emozioni di quei momenti che mi hanno cambiato la vita.
Sì, è proprio così, non sto esagerando: comunque andrà, in qualsiasi modo ti sentirai e reagirai, da quel giorno non sarai più lo stesso.
Il paracadutismo viene considerato uno sport estremo per chi ricerca emozioni uniche attraverso il pericolo, l’adrenalina e il rischio, sfidando la velocità, l’altezza, la natura, il proprio fisico… E’ uno sport che non tutti sentono il bisogno di provare ma per me era arrivato il momento giusto e dovevo seguire la mia voce interiore.
Ma partiamo per gradi. Per comprendere pienamente le emozioni che vivrai quel giorno ti racconterò step by step ogni dettaglio di quella prima domenica di aprile. Il 1 aprile, il pesce d’aprile più bello della mia vita.
Perché ho deciso di provare il lancio in tandem col paracadute
Sono sempre stata un’amante delle attività adrenaliniche, sono quella dei giochi più pazzi al luna park ed ho provato a sfidare le mie paure dell’acqua e dei pesci facendo snorkeling alle Isole Keys o il bagno nel Danubio a Vienna, ma mi mancava ancora qualcosa, il passaggio ad un “livello successivo”.
Da adolescente non ci avrei pensato un attimo, non avevo proprio il senso del pericolo lo ammetto, però era solo una fantasia che non mi sono mai impegnata veramente a realizzare. Poi c’è stato un periodo piuttosto lungo della mia vita in cui le mie priorità erano cambiate, ero diventata troppo “seria” e a dir la verità nemmeno mi piacevo più di tanto. E poi, da qualche anno era tornata quella vocina interiore che mi sussurrava “Fallo”.
Guardando per caso un programma in tv dove i Vip si lanciavano con il paracadute per la prima volta, mi sono ritrovata senza rendermene conto e senza una spiegazione con le lacrime agli occhi.
Non erano lacrime di paura, era una sensazione inspiegabile che mi diceva che quell’esperienza dovevo farla almeno una volta nella vita. E così è stato.
Negli ultimi mesi ho vissuto con il freno a mano tirato, o meglio, con la mente completamente in tilt e la paura costante di non esser più in grado di fare niente.
Quella non era più vita, dovevo assolutamente provare a me stessa che non aveva più senso rimanere bloccata e dovevo farlo con qualcosa che sapevo mi avrebbe dato una scossa così potente da cambiarmi per sempre. Un qualcosa che avrei potuto fare nel giro di pochi giorni e che prevedeva una prenotazione per non lasciar troppo spazio ai ripensamenti e alle scuse.
Così un giorno ho deciso di mandare qualche email di collaborazione: volevo tornare a scrivere su questo blog e nei social con un rientro fuori dagli schemi per mostrare la mia forza e la mia rinascita. E di tante email inviate per varie attività interessanti, dopo un giorno, Skydive Fano, mi ha risposto. L’unica risposta alle tante email inviate.
“Chiamaci per prenotare, anche solo qualche giorno prima”.
Un segno del destino.
Il sogno di lanciarmi con il paracadute sta per realizzarsi
E così ci ho pensato un paio di giorni, poi ho chiamato e prenotato per il sabato seguente. C’era posto per il turno delle 14. Un orario perfetto per affrontare un viaggio in treno di 7 ore (che mi faceva più paura del lancio in paracadute) senza dover partire il giorno precedente.
Sono partita da sola! Rigorosamente da sola! Dovevo dimostrare a me stessa la mia forza interiore, nessuno doveva esser collegato a quel ricordo. Solo io!
Anche perché in quel momento sei solo tu (e il tuo tandem) ad affrontare le tue paure e le tue infinite emozioni.
Ho scelto Skydive Fano per il mio primo lancio, perché nonostante fosse un’impresa epica raggiungerlo in treno da casa mia, ne avevo sentito parlare tanto e bene e a dir la verità ho pensato “almeno se non si apre il paracadute, ci tuffiamo in mare”.
Scherzi a parte, anche il panorama che si vede da lassù ha avuto un ruolo chiave nella mia scelta, che si è rivelata azzeccatissima.
Skydive Fano: accoglienza stupenda, come in una grande famiglia
Da Skydive Fano sono stata accolta da un team di professionisti che mi ha trasmesso un incredibile senso di tranquillità, gioia e spensieratezza. Fin dal primo momento mi hanno fatta sentire parte della squadra, scherzando, ridendo e venendo incontro a qualsiasi mio dubbio o richiesta.
E sentirmi parte di una grande famiglia così gioiosa che stava facendo di tutto per render la mia esperienza ancor più memorabile, ha fatto sì che l’ansia, la paura, la voce rotta da mille emozioni contrastanti dei primi minuti al mio arrivo, sparissero.
Dovevo volare nel secondo turno del pomeriggio, Viola, la mia simpaticissima videomaker mi aveva fatto immediatamente l’intervista da montare nel video ricordo e… “Turno 2, 10 minuti alla partenza”.
Stava accadendo tutto così velocemente ed in un clima così piacevole che la mia testa non aveva avuto modo di elaborare quello che stavo per fare… Fino a quando, in pochi secondi il cielo ha iniziato ad oscurarsi e quel nuvolone all’orizzonte non ha lasciato presagire niente di buono.
L’imprevedibilità del meteo mette a rischio il mio lancio col paracadute
Un membro dello staff che monitorava il meteo dal cellulare ha confermato che l’unica nuvola “di Fantozzi” del centro Italia si stava dirigendo proprio sopra di noi, dalla vicina San Marino.
Il primo gruppo è stato fatto tornare alla base e non appena siamo entrati tutti nell’hangar un violentissimo temporale si è scatenato sopra la nostra testa. Le gocce incessanti rimbombavano tra le pareti di quell’hangar, sempre più impetuose, per poi trasformarsi in grandine. Il freddo e l’umidità iniziavano a farsi sentire, i tuoni sembravano non finire più, i fulmini illuminavano quel cielo che poco prima era limpido ed improvvisamente era diventato buio.
Tutti aspettavano senza dar segni di turbamento: c’era chi si riposava, chi si esercitava nelle pose da fare durante il volo, chi aspettava con il proprio compagno/a. Ed io, io mi guardavo intorno, dal mio angolino in cui ero seduta da sola e tutto quel frastuono ha iniziato a riempirmi di pensieri la mente.
“Forse è il caso di rimandare”. Un altro paracadutista solitario ha deciso di andarsene per non rischiare di atterrare sul fango e sporcarsi. Ed io, che avevo un solo cambio per due giorni e soprattutto un solo paio di scarpe, ho iniziato a pensare che non volevo più farlo.
Credo che fossero solo scuse e che per qualche lunghissimo minuto la mia mente abbia voluto mettermi alla prova. Ma no, quel giorno ero lì per uno scopo e non poteva esser un temporale a fermarmi!
“Noi ancora non abbiamo dichiarato la chiusura dell’attività, quindi il salto è solo rimandato di qualche minuto. Non preoccuparti, ma se vuoi possiamo riprogrammare per domani”.
No, basta Simo, smettila di pensare, sai aspettare, puoi aspettare, aspetta.
Si parte: pronta per il mio tuffo nel vuoto a 4200 metri
E così in meno di un’ora il cielo è tornato sereno! Al microfono hanno annunciato la partenza del primo gruppo: “Simona, con Viola e Teo”.
“Non ci credo, toccava già a me”. Ci hanno fatto un briefing sulle posizioni da mantenere prima, durante il lancio e in fase di atterraggio ed in pochi minuti mi sono ritrovata al centro dell’hangar per farmi sistemare l’imbracatura, scherzando e ridendo con Teo, il mio istruttore/tandem che fin da subito mi ha fatta sentire a mio agio.
Siamo partiti, saltellando qua e là nel campo di lancio per schivare le zone già diventate fangose. Io, Viola e Teo abbiamo sempre scherzato e chiacchierato mentre ci dirigevamo verso quel minuscolo aereo a motore che non mi sono volutamente soffermata a guardare per evitare di scappare a gambe levate.
Era una scatola, minuscolo, uno di quei mezzi di trasporto che mi ero giurata di non voler prendere mai in vita mia. Ma anche qui il tempo di pensarci non c’era. Siamo saliti, eravamo tre ragazze (tutte prime volte) e i rispettivi istruttori e videomakers. Le due amiche si sono posizionate su una specie di panca rialzata, Teo seduto per terra ed io davanti a lui.
Noi eravamo i più vicini al portellone: qualcosa mi diceva che ci saremmo lanciati per primi. E che ormai non potevo più scappare.
Il decollo
La porta si è chiusa, l’aereo ha iniziato a prendere quota, come sempre mi si sono tappate le orecchie, le nuvole sotto di noi hanno iniziato a dissolversi permettendoci di ammirare la costa e il mare che, laggiù così in basso, si fondeva sempre più con il cielo.
Quella scatolina non mi piaceva affatto, ma non ci ho pensato troppo perché poi Teo ha iniziato a sistemare i miei ganci ai suoi ed mi sono preoccupata di capire che lo facesse per bene. Anche se in realtà non avevo idea di come fosse “farlo per bene”. Ma ci abbiamo scherzato su ed anche in quei momenti la tensione non si è fatta sentire.
L’imbracatura era davvero stretta, ero praticamente incollata a Teo, la posizione della mia gamba destra distesa era scomodissima, ma giusto il tempo di indossare gli occhialini e la porta si è aperta.
“Metti fuori la gamba sinistra” Queste sono le ultime parole che ho sentito a quei 4200 metri di altezza. L’ultimo pensiero che ho lasciato lassù. Non mi sono nemmeno accorta di come Teo sia girato e posizionato, ho stretto l’imbracatura con le mani, mi sono appoggiata con la testa all’indietro sulla sua spalla ed ho messo entrambe le gambe all’indietro, nel vuoto.
Il rumore assordante del motore, l’odore di cherosene, il vento delle eliche: pochi istanti per percepire tutte quelle nuove sensazioni e poi, il salto.
Cosa si prova a lanciarsi nel vuoto con il paracadute da 4200 metri?
E dopo quel salto?
Avevo letto tanti articoli su cosa si prova in quel momento, tutti dicevano che è impossibile descriverlo, si può solo provare. Ed è davvero così.
Ma tranquillo/a, non ho scritto tutto questo poema, per poi lasciarti con dei dubbi…
I primi due secondi l’accelerazione è così forte che a me ha dato la stessa sensazione della Torre gemella di Mirabilandia.
Una velocità pazzesca, il cuore in gola e la mia mente che ha provato a farmi pensare “ma chi me l’ha fatto fa…” ma nemmeno il tempo di finire quel pensiero che Teo ha aperto il paracadute di stabilizzazione, un tocco sulla spalla che indicava che anche io potevo aprire le braccia e … quel pensiero non c’era più.
Qualsiasi pensiero non c’era più.
Solo il rumore dell’aria su cui stavamo fluttuando, un rumore che presto si sarebbe trasformato in un silenzio assordante, il silenzio di una pace mistica dello spazio, del corpo e della mente.
Ed ho sentito un po’ di freddo per qualche secondo e l’aria pura entrare con potenza nelle mie narici rigenerandomi ogni parte del corpo.
46 secondi di caduta libera col paracadute
Sono stati 46 secondi di caduta libera.
46 secondi in cui non mi sono resa conto della reale velocità o dell’altezza, 46 secondi in cui ho solo volato sospesa su quelle molecole d’aria come se stessi galleggiando.
E no, non ho fatto molti gesti con la braccia e a dir la verità non mi sono nemmeno ricordata di tenere le gambe piegate all’indietro. Solo quando ho sentito quelle di Teo stringere forte le mie nella posizione corretta sono tornata per un millisecondo alla realtà, ma poi, ho solo lasciato il mio corpo e la mia mente in uno stato di totale rilassamento.
E vedevo Viola davanti a me, volteggiare, avvicinarsi e allontanarsi di nuovo, sparire sotto e sopra di noi. Movimenti così leggiadri, una sensazione di libertà impareggiabile ed indescrivibile.
Dopo tre mesi di mindfulness, ho iniziato ad entrare nell’ottica del qui e ora, a rivalutare l’importanza del respiro per ancorarsi al momento presente in assenza di pensieri fastidiosi e quello che è successo in quei 46 secondi di caduta libera è stato esattamente l’apoteosi di tutto quello che ho appena descritto.
In quei momenti tutto rallenta, hai appena sfidato uno dei limiti più grandi della tua mente e del tuo corpo che adesso sono perfettamente connessi. Stai volando! Puoi rilassarti e osservare il mondo, sotto di te e da una prospettiva completamente diversa.
La mia sensazione di pace e di libertà traspaiono dai sorrisi immortalati da Viola, insieme alle espressioni assurde che la potenza dell’aria mi ha modellato sul viso scuotendo le guance.
Non ho mai avuto paura, mi sono fidata ciecamente di Teo, non avevo nessuna responsabilità in quel momento, potevo sentirmi finalmente libera, leggera, in pace.
Ho avuto la conferma assoluta che qualsiasi limite mi ero posta soprattutto negli ultimi mesi, era solo un pensiero, ed i pensieri vanno e vengono con la stessa velocità di quella caduta. I pensieri puoi riconoscerli e cacciarli a tuo piacimento. In quel momento ero io che comandavo su di loro, non più loro ad offuscare la mia mente, condizionandola con pregiudizi o paure insensate.
Perché avrei dovuto provare paura di sentirmi finalmente libera, in pace ed invincibile? Proprio invincibile sì, perché dopo un’esperienza così, anche tu, puoi solo definirti invincibile.
E niente sarà più lo stesso. Anche se crederai di aver avuto una paura folle, l’hai fatto! E quella consapevolezza è già un grande insegnamento per avere fiducia nella tua forza interiore.
L’apertura del paracadute: puoi osservare il mondo ai tuoi piedi con una nuova consapevolezza
Avrei voluto che quei 46 secondi di caduta libera non finissero mai. Ma a circa 1500 metri era arrivato il momento di aprire il paracadute. La decelerazione e la risalita verso l’alto sono stati piuttosto delicati, mi aspettavo uno strattone molte più forte.
Qualche secondo con le braccia aggrappate all’imbracatura e dopo che il paracadute si è completamente aperto Teo ha iniziato a togliermi gli occhialini e ad allentare le fibbie che ci tenevano incollati l’uno all’altra.
In quel momento sono riuscita ad urlare tutta la mia gioia.
La discesa è durata circa 5 minuti e mi ha dato delle sensazioni completamente diverse rispetto alla caduta libera. Siamo scesi molto lentamente, godendoci il paesaggio, con un venticello che a volte ci solleticava la pelle.
Ho iniziato a rendermi conto di cosa era appena successo, i pensieri sono tornati, inaugurati da un “noooo…ma è già finita la caduta libera?”. E l’euforia si è fatta sentire così forte che avrei voluto “sgambettare” fino all’atterraggio.
Teo ha virato più volte come a voler fare delle piroette ed ammetto che in quei momenti sono stata felice di aver mangiato solo qualche barretta proteica. Ma anche quella sensazione è stata bellissima.
Molto simile ma più veloce e decisa a quella che ho provato sulla giostra Praterturm, il “calci in culo” più grande al mondo, al Prater di Vienna.
Poco prima dell’atterraggio abbiamo fatto le prove per la giusta posizione da mantenere per toccare il suolo. A causa del manto erboso scivoloso per la pioggia, era più prudente farlo in scivolata e così, gambe alzate, mani sotto le cosce e via… pantaloni e scarpe zuppi e pieni di fango ma una luce negli occhi che non credo di aver mai avuto, almeno non da tanto tempo.
Skydive Fano: alla prossima!
E’ stato tutto così perfetto che ho quasi paura a rifarlo per non rovinare l’idillio che ancora sto vivendo nella mia mente e ogni volta che riguardo foto e video. Ma ho letto da qualche parte che il vero coraggio è tuffarti nel vuoto una seconda volta quando già sai cosa provi… e come tirarsi indietro?
A presto Skydive Fano e grazie a tutto lo staff per l’accoglienza e per la collaborazione. E per le emozioni pazzesche che mi avete fatto vivere!
E a te che stai leggendo, se hai ancora qualche dubbio sul lancio in tandem col paracadute, lascio anche il link al video che la bravissima e simpaticissima Viola ha montato in pochi minuti, dove vedrai la mia faccia che dice più di mille parole.
Buona visione!
4 risposte su “Il mio primo lancio in tandem col paracadute: l’emozione di un tuffo nel vuoto”
Stupendo!!!
Puoi dirlo forte!!! 😉
Sei stata molto coraggiosa Simo, io non so se ce la farei mai onestamente 😅 Bravissima!
Grazie Sele! Ne avevo bisogno e sono certa che quel coraggio ce l’hai anche tu 😉